venerdì 30 gennaio 2009

Pioggia sulle cose

Lascio defluire tutto da qui dentro per un po'. Spazi di solito pieni ora sono sgombri e liberi. Ho bisogno di capire quello che è ovvio. E quindi mi ci vuole tempo. Poi forse capirò.
Nel frattempo.
Stamattina, sono ancora in pigiama.
Sento vibrare il comodino, e ovviamente penso "chi è che rompe i c... a quest'ora? (La solita amica che si è mollata col ragazzo?)".
Numero sconosciuto. (A maggior ragione qualcuno che ha voglia di rompermi di primo mattino).
Mezz'ora dopo sono in vespa sotto la pioggia perchè qualcuno ha avuto la bella idea di sentirsi male durante la notte indi la sottoscritta deve sostituire, ma ogni tanto un fuori programma non mi dà fastidio. Anzi, adoro gli imprevisti. Non tutti vabbè. E mi ritrovo coperta fin sopra le orecchie a sventolare un cartello e a condurre gente da un punto all'altro, una specie di caronte al contrario, più giovane (e meno peloso, immagino). Ecco qui, ma questa come mi è venuta? Perchè faccio questi pensieri assurdi nelle condizioni più complicate? A volte in situazioni abbastanza tragiche, mi viene a pensare al cappellino ridicolo che ha la vecchietta di fronte a me oppure a come si è data la matita completamente fuori dalle labbra (con effetto volgarissimo e un po' clown). E mi viene da ridere.
Torno al punto. Quello che intendo dire è, con la gente, non importa quante ne sai, cosa dici, l'importante è dirle quello che vuole sentirsi dire, mostrarti sicuro anche se non hai idea di cosa ti abbiano chiesto.
Del tipo. "signorina, a barcellona devono imbarcarsi mio marito e i miei 7 figli, non sono potuti salire oggi perchè i loro bagagli sono finiti per sbaglio a Singapore".
Risposta sbagliata: "Ehm, uhm, aspetti che chiedo al mio collega...." alimenterebbe un nervosismo diffuso e diminuirebbe la tua speranza di vita.
Risposta esatta "Aspetti che controllo, si ok perfetto è tutto nel database. Il prossimo prego...".
Dopotutto certa gente ha solo bisogno di uno che gli indichi una strada, non importa dove questa conduca.

mercoledì 28 gennaio 2009

strano cerchio

Scorrono le parole, le note, i secondi, e tutto mi scorre addosso. Anche l'incapacità di farmi capire, soprattutto quella. Successi, insuccessi, cosa cambia. Mi sembra tutto un cerchio a volte, ho come l'impressione di aver fatto un giro pazzesco per tornare al punto di partenza, non perchè non sia cresciuta, ma perchè guardo sempre (troppo) all'essenziale, e l'essenziale resta sempre dietro all'angolo della tua prospettiva, a farti compagnia, e a farsi odiare. Guardi chi era con te un anno fa, vedi che non c'è più. Vedi che la suprema indifferenza di chi dovrebbe conoscerti ha scavato distanze incolmabili, e inizi a tirare frecciatine che alla lunga sono peggio di un affondo. Più codarde però. Ma si risponde tono su tono, purtroppo.
L'essenziale è lo stesso, ma tu no. O meglio io no. Ho elaborato tecniche assurde per stare meno male, e in parte funzionano. Soprattutto sto cercando di imparare che le parole non possono comprare nulla (di quello che è davvero importante), come non lo fanno i soldi, o il cioccolato fondente (no vabbè quello sì forse). I soldi non mi fregano, il cioccolato un po' si, ma le parole da morire. Odio chi spreca tante parole per non dire niente, o niente di vero. Ci ho creduto come una stupida, forse perchè mi dicevano qualcosa di quello che volevo sentire, ma adesso mi danno il voltastomaco, e basta.