sabato 28 febbraio 2009

A che fermata siamo?

Vorrei tanto capire quello che provo adesso. Sta tutto girando in modo veloce, velocissimo intorno a me, come quando impari a guidare e hai l'impressione che la macchina stia decidendo da sola che direzione prendere. E in teoria dovrebbe accadere l'inverso. L'energia mi attraversa e mi travolge. Un minuto prima sono strafelice, un minuto dopo lasciamo stare. Non sono in menopausa, giuro che è ancora presto. Però oggi sono rinchiusa a cercare di stendere un discorso decente, di riassumere tutto quello che è significativo, e inevitabilmente mi ritrovo qui, a proiettare qualche pensiero storto (come dice qualcuno). E a cercare di raddrizzarlo un pochino. E nel mentre mi chiedo perchè rifaccio sempre gli stessi, identici (maledettamente identici) errori. Dovrei smetterla. Di sbattermi per un nulla che mi viene restituito in tasca.
Oh, le mie tasche sono piene di nulla.
Pesa quasi, tutto questo nulla. Mi hanno detto che anche l'aria ha un peso, quindi perchè non dovrebbe avercelo il mio nulla?
Ebbene si, scrivo sempre quando sono arrabbiata. Quando potrei che ne so? Fingere che vada tutto bene, andare di là, mettermi le scarpe nuove e mettermi a recitare il mio ruolo. Peccato che già il rumore delle solite parole masticate mi dà fastidio.
Ah, e poi fanno sempre male, le scarpe nuove.

domenica 22 febbraio 2009

Contromano? si lo so

Scrivo la prìma riga. La cancello, riscrivo, ripesco le parole e le rimescolo in qualche modo, come si fa con i colori, quando vuoi far prendere la forma che vuoi alle cose che vuoi. Per le cose che vuoi dire, non è così diverso, un continuo riciclo delle lettere, che tutti ripropongono rimescolate. E ognuno usa le sue, e forma quelle strane cose chiamate parole, chi usa le solite venticinque, chi ne usa miliardi. C'è poi chi ne sa molte di più, ma ne usa solo qualche decina. E si stupisce sempre tantissimo, quando scopre che ne saprebbe usare moltissime di più. E non parlo di sinonimi.
Ascoltavo l'assordante rumore del silenzio iperattivo, del flusso dei miei pensieri. E mi chiedevo quali altri pensieri fluttuassero nella mente altrui, di fronte alla stessa cosa, senza che nessuno dicesse niente, in uno strano momento di silenzio mediatico, scevro dalle ipocrisie. Quante cavolate mi passano per la testa a volte.
E mi sento sempre come quando ti ritrovi a intrufolarti nella folla contromano, prendendoti le gomitate e facendoti le scorte di ossigeno, correndo verso qualcosa che non vorrei essere banale nel dire che non sai realmente se c'è. E corri e ti affanni, e ti impigli negli ombrelli dei passanti, tra mani che si intrecciano e porte che si chiudono. Ma ci tiro una spallata e vado avanti... perchè solo questo so fare.
E perchè io un perchè non ce l'ho. Ho solo un miliardo di domande, che mi porto dietro belle pesanti nella borsa e faccio finta che non me ne freghi un cazzo della risposta.

lunedì 16 febbraio 2009

Dentro e fuori

Il suo sguardo naufragava dal cocktail troppo dolce, al cameriere che si destreggiava tra i tavolini, tra le ombre trasparenti dei passanti proiettate sul vetro e poi fuori, nella piazza passaggio obbligato di centinaia di assolati pomeriggi liberi. Una voce la riportò al cocktail, sempre dannatamente dolce, mentre pensava all'ultima volta che si era sentita così. E pensava che c'era qualcosa che non poteva controllare là dentro. Forse rabbia. Inquietudine. Parole non dette. Scuse mai avute. Sacchetti dimenticati sul treno. Il numero di quel fax, mai ritrovato. L'sms rimasto nelle bozze. Tempo prima qualcuno le aveva detto che la tranquillità che trasudava dai suoi occhi non era altro che un aspetto di superficie, per persone superficiali. Qualcuno che la conosceva meglio di quanto lei pensasse forse. E ogni tanto quel qualcosa sgomitava per farsi sentire, spingendo tutto il resto fuori con violenza, ma era qualcosa di inaspettatamente imprevedibile e non gradito all'esterno. E neanche all'interno, a volte. Altre era davvero felice ci fosse perchè anche se sgradito, le consentiva di essere davvero se stessa. E di far ricordare al resto del mondo le sue esigenze. Che c'è sempre bisogno di ricordare al mondo che anche tu, hai le tue maledette esigenze. Tipo passare nella corsia dell'autobus per fare prima, o buttare giù il telefono quando sei in ritardo e non te le frega un cazzo di aver vinto un intera partita di vini pregiati anno 1964 dal Bordeaux - Bourgogne. O cambiare canale, perchè Amici proprio a me non va di sorbirmelo, tesoro mio.

giovedì 12 febbraio 2009

Turning point

Oggi, dopo otto ore di limbo, ho dato l'ultimo esame della mia vita.
So che questo post risulterà abbastanza insignificante (ammesso che gli altri ne abbiano uno, ndr di senso), ma morivo dalla voglia di dirlo.
Ho avuto parecchi casini nell'ultimo anno e mezzo, ma sono finalmente arrivata (quasi) in fondo di tutto ciò, fa quasi impressione, un po' come quando aspetti per tanto una cosa e quando arriva hai quasi paura.
E tra l'altro dovrei smettere di usare la parola quasi, quasi sempre (ops ci sono ricaduta).
Come quando hai quel foglio in mano e ti pare di avere il mondo in tasca e speri che la tasca non sia bucata.
Così ho preso ago e filo e anche se sono negata nei lavori di pazienza.

domenica 8 febbraio 2009

costuisci e distruggi

Mi accorgo che ho una certa paura. Di me forse. Perchè mi attacco troppo alle cose, alle persone, alle abitudini. Alle persone. Sbagliate ovviamente. Quando ho venduto il mio primo scooter mi veniva quasi da piangere. Quindi, qui c'è uno certo strappo che non so se voglio ricucire, ho lasciato tutto così, perchè non ho voglia di rimettere a posto e poi di dover rimettermi al lavoro. Lo so che è sempre così, costuisci, distruggi e ricostruisci...ma adesso come adesso vorrei non lo so, una baita lontana da questo cantiere. Senza dover pagare l'affitto per qualche tempo. E invece, qualcuno mi ha già chiesto se posso ospitare in questo cantiere pure i suoi di casini, ma come faccio?
"Ormai sono distante. Non me la sento." mi sono sentita dire da qualcuno che diceva di essere innamorato fino al giorno prima. Come se l'avessi scavata io, quella distanza. Come se non lo sapessi che è una bella scusa. Io mi stavo solo... ma lasciamo stare.
Vorrei per una volta poter davvero essere libera di dire quello che penso, senza paura di essere posta sotto il giudizio universale di chi pensa di aver capito tutto di te. E ti piazza proprio li, sulla fronte, un'altra bella etichetta. Che tanto taggare è ormai diventata una moda bella e buona. Un modo moderno di fare qualcosa che si fa da secoli, per carità.
E non è che mi importi più di chi mi raccontava palle, però adesso non mi fido più...
Del resto o cammino sempre due o tre metri sopra il suolo, o sotto. E' un mio problema, forse sarebbe meglio che imparassi a camminare al livello del suolo (?).
Per questo devo sempre gridare per farmi sentire.

mercoledì 4 febbraio 2009

At the corner of the street

Guardavo il mondo dal mio piccolo e stupido angolo, stamattina, ieri, un anno fa, un secondo fa, mentre tutto scorreva così, senza un perchè, senza che nessuno si desse cura di darglielo quel perchè. E da quell'angolo quello che vedevo non mi piaceva granchè, nella maggior parte dei casi. E forse valeva anche all'incontrario la cosa. Così uno prova a cambiare angolo, dice magari va un po' meglio, riprovo, come quando al bowling al primo tiro hai fatto schifo, ma dici al secondo voglio fare strike. Più o meno funziona così, finchè non ci pensi al tiro, alla palla, ai birilli, a dove metti i piedi, a come tieni le mani tutto va liscio, tutto va dove deve andare. Quando invece provi a trovare una ragione, una strategia, a replicare un successo nascono i problemi. Quindi cambi angolo, ma non cambia nulla, anche se li cambi tutti gli angoli del tuo poligono molto poligono. Fingi che sia cambiato, provi a mescolarti alla folla colorata che è talmente mescolata da non farti distinguere più nulla, colori, odori e che ne so. Reciti, respingi ridi e piangi, perchè gli occhi ti bruciano e tutto questo ti confonde. Ma alla fine ti butti, sospinto dall'idea che anche se sbaglierai, avrai provato a smuovere qualcosa, avrai mostrato i tuoi lati carenti, ma anche quelli forti. E chissenefrega se non sono un quadrato, un triangolo, o un trapezio al massimo della stranezza.